Imene e Verginità: Una Questione Culturale
Ci hanno insegnato che chi ha un imene intatto è ancora vergine. Non c’è cosa più sbagliata e totalmente infondata.
Eppure ancora oggi ci sono paesi - principalmente in Asia e Africa, dove le credenze religiose sono più radicate - in cui le donne vengono ripudiate o anche uccise perché, una volta svolto il cosiddetto “test della verginità”, inserendo due dita in vagina, si determina che l’imene non è più intatto. E dunque nemmeno l’integrità, moralità e reputazione della donna lo possono più essere. Ma sappiamo bene che, guardando una vulva, non è anatomicamente possibile poter dire se una persona è vergine o no.
Nel 2018 l’OMS ha denunciato l’inaccuratezza scientifica di questi test e li ha definiti come una violazione dei diritti umani e una forma di violenza sessuale, discriminatoria, umiliante e traumatica, che lascia strascichi fisici e mentali sulle donne costrette a subirli.
La verginità è infatti un grande costrutto culturale oltre che una bugia utilizzata per secoli per controllare il comportamento delle donne e assicurarsi che non uscissero dai binari a loro assegnati nel ruolo di madri e mogli devote. Ma andiamo con ordine.
L’imene è una membrana mucosa (quindi non una cosa impenetrabile e rigida) estremamente elastica che si trova all’apertura del canale vaginale e che permette il passaggio di cose (dal sangue mestruale fino a un pene o altro) tra l’interno e l’esterno della vagina.
La membrana dell’imene è formata da tanti lembi interconnessi; ci sono tantissimi tipi di imene proprio perché i lembi possono essere più o meno intrecciati. Esistono quindi imeni con un’apertura centrale, altri con due o più buchi, alcuni con tanti forellini (per fare alcuni esempi). In alcuni casi - molto rari - l’imene può non essere bucato e in tal caso bisogna procedere a forarlo chirurgicamente.
L’elasticità dell’imene è determinata dalle fibre e può quindi capitare che in alcuni casi la membrana non sia molto elastica e che, nel dilatarsi, si laceri. Raramente, comunque, questo porta sanguinamento (se viene coinvolto qualche capillare, può succedere) o dolore. Sono in realtà molto rari i casi in cui quindi avviene il famoso sanguinamento al primo rapporto penetrativo, e nella maggior parte non è comunque dovuto alla cosiddetta “rottura” dell’imene, quanto più spesso a microlesioni dovute ad esempio a una scarsa lubrificazione o tensione muscolare (causa a volte anche del dolore che si può provare durante il rapporto, sia esso il primo o il centesimo).
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Sfatiamo quindi l’idea che la prima volta debba fare male o si debba per forza sanguinare. Anche questa visione della prima volta, impregnata di negatività, qualcosa che molto probabilmente non ci piacerà e ci farà male fa parte della narrazione che vuole fare in modo di scoraggiarci il più possibile dallo scoprire il nostro corpo e il piacere.
Perché invece di pensare di “perdere” la verginità, come se ci fosse appunto il venir meno di qualcosa di prezioso, non iniziamo a vedere il primo approccio al sesso - e su questo punto approfondisco a breve - come un debutto? Come l’inizio di qualcosa di nuovo e bello?
Ritornando all’imene, la nostra ostetrica Rita Anna di Molfetta mi raccontava qualche tempo fa che a volte, dopo un parto vaginale, è possibile avere un imene intatto (!), smentendo categoricamente che si possa, guardando una vulva, dire se si è vergini o meno. Giusto per far capire quanto è elastico.
Se vi va, potete vedere il vostro imene, facendovi aiutare magari dal/la ginecologə o ostetrica a individuarlo!
Ma andiamo più in profondità sul perché la verginità è un costrutto sociale.
Abbiamo sfatato il mito che l’integrità dell’imene sia legata ad aver avuto o meno rapporti vaginali penetrativi. E ci tengo quindi a dire che, indipendentemente dall’aver avuto un rapporto vaginale, si possono fare visite ginecologiche, usare assorbenti interni, coppette, masturbarsi o utilizzare toys senza per questo “perdere la verginità”.
Come mai, culturalmente, quando si parla di sesso si intende un sesso vaginale penetrativo? Ci hanno insegnato il concetto dei preliminari, qualcosa che per definizione viene prima di un altro atto. Come se ci fossero atti di serie A e B, come se il sesso “quello vero” dovesse per forza prevedere la presenza di un pene in una vagina - Freud per esempio ha infatti deciso di classificare gli orgasmi femminili come maturi (ovviamente quello vaginale, dove è per forza presente un uomo) e quello infantile (clitorideo). Al netto del fatto che si è scoperto poi che tutti gli orgasmi femminili sono di natura clitoridea e che ciò che cambia è da dove si stimola la clitoride, è evidente che ci portiamo dietro questa visione ancora dopo un secolo. E questo nonostante la larga maggioranza delle vulvo-vagino munite abbia bisogno di una stimolazione diretta della clitoride per raggiungere l’orgasmo.
Questa è la visione di una sessualità limitata, incentrata sulla presenza maschile obbligatoria e figlia di una visione patriarcale del mondo. È una visione eteronormativa - che vede quindi l’eterosessualità come la norma - totalmente irrealistica rispetto alla varietà di atti che il sesso comporta e discriminatoria verso tutte le persone non eterosessuali.
Se quindi due uomini fanno sesso, saranno per sempre vergini? O per loro “vale” la penetrazione anale per non essere considerati vergini mentre per le donne no? Se due donne fanno sesso, saranno per sempre vergini perché non c’è un pene? Se una donna viene abusata ma senza penetrazione allora è vittima ma vergine?
Nessuno di questi casi è vero. Il sesso esiste sia fatto da solə che insieme a un’altra persona. In questo caso, inizia quando due persone cominciano ad avere un’intimità fisica, senza alcun tipo di classifica tra atti, senza distinzione tra preliminari e sesso “vero”.
Non è facile scardinare secoli di visione eteronormativa e patriarcale della sessualità, tuttə siamo cresciuti all’interno di questa visione e l’abbiamo interiorizzata, chi più chi meno. Non c’è quindi da sentirsi in colpa se alcuni ragionamenti o presupposti su questo tema “ci vengono automatici”, bisognerebbe però interrogarci e chiederci se hanno davvero senso di esistere.
Come fare quindi per cambiare le cose? I programmi di educazione sessuale dell’UNESCO, che dovrebbero essere applicati in tutti i paesi membri - spoiler! In Italia questo non viene fatto - prevedono l’insegnamento dell’educazione sessuale, affettiva e relazionale al di là di stereotipi, al di là dell’eteronormatività e incentrata sull'inclusività e su un approccio positivo alla sessualità. Basterebbe iniziare ad applicarli come è previsto per avere un’azione capillare a partire dalle nuove generazioni.
In attesa che questo accada, parlare, discutere, tirare fuori l’argomento e smontare ogni pregiudizio può già fare molto. Cambiare il linguaggio con cui parliamo di sesso o verginità è un altro ottimo modo per contribuire al cambiamento.