Nuovo Speculum o Vecchio Problema?
Lo speculum è uno strumento oggettivamente brutto, che associamo molto spesso a una sensazione di fastidio e scomodità. Per alcune suscita ricordi pessimi - per non dire addirittura momenti di violenza - per altre avvenimenti del tutto comici come quando sei lì sul lettino e di colpo lo spari fuori e neanche tu sai come hai fatto.
È in realtà uno strumento utilissimo, di fatto senza lo speculum non sarebbero possibili la maggior parte degli esami e controlli ginecologici (e non solo! Spoiler: ci sono tipi di speculum anche per altri orifizi o per gli occhi), ma la cosa non ci rincuora molto.
L’ironia della sorte - per non chiamarlo disinteresse sociale nei confronti delle nostre vagine - vuole che da quando fu inventato, apparentemente in epoca romana - il primo fu ritrovato a Pompei -, nessuno, nei secoli, si sia preoccupato di crearne una versione più moderna. Dopo tutto, fa il suo lavoro, perché preoccuparsi del fatto che moltissime pazienti trovano l’esperienza molto poco piacevole?
Certo, dal reperto di Pompei qualche piccolo miglioramento c’è stato. Lo speculum come lo pensiamo oggi - di metallo a becco d’oca che fa rumore quando si apre - lo ha inventato il dott. Sims proprio nel periodo in cui si ritrovò il suo similare a Pompei (1800). L’idea di Sims venne da due cucchiai, con cui sperimentava l’accesso alla cervice uterina sulle schiave che servivano disumanamente da cavie, che si è poi evoluto nella forma a becco d’oca alla quale siamo oggi molto affezionati.
Dal 1800 abbiamo fatto progressi? Diciamo due: alla fine degli anni ‘60, il marchio Welch Allyn creò lo speculum in plastica (più igienico, che permette di sfruttare la trasparenza per illuminare bene il canale vaginale) che ci risparmia la sensazione di freddo di quello in metallo. Inoltre pensò anche di crearne in dimensioni differenti (oggi dalla extra small alla large) perché finalmente si è tenuto in considerazione che non tutte le vagine sono uguali ma che gli esami ginecologici servono a tutte e a ogni età.
Questo fu un grande progresso rispetto all’epoca di Sims, dove l’idea di guardare le parti intime femminili era considerata disdicevole anche per il medico (infatti guarda caso c’erano le ostetriche che se la vedevano con le vulve, finché l’aria non è cambiata) e si vociferava che fare esami ginecologici portasse le donne verso la prostuzione.
Lo speculum in plastica è un simbolo femminista importante; qualche anno dopo la sua invenzione, Carol Downer fu la prima negli anni ‘70 a praticare l’autoanalisi e a invitare le donne ad usare lo speculum e uno specchio per guardarsi non solo la vulva ma fino alla cervice. Un atto di riappropriazione del corpo, di controllo e di emancipazione che si diffuse in tutta Europa nei gruppi femministi dell’epoca (e di cui oggi penso abbiamo ancora bisogno).
Anche se di plastica, lo speculum però resta sempre ostile, rumoroso, invasivo. Possibile che nessuno abbia avuto idee migliori? In realtà qualcuno ci ha provato, e molti designers ci provano anche adesso. Andare oltre la forma a becco d’oca sarebbe la prima ipotesi. Ci ha provato nel 2005 in America un’azienda che si chiamava FemSpec. Brevettò uno speculum che si gonfiava - ma l’idea fallì in poco tempo, assieme ad altre che tentarono di liberarci dal becco d’oca.
E se lo speculum di per sè non fosse il problema? (Al netto del fatto che crediamo si possa comunque migliorare.) Se il motivo per cui lo troviamo così fastidioso non fosse nello strumento ma nel modo in cui viene usato? Se invece di ritrovarci in un secondo sdraiate e con uno speculum inserito la procedura fosse diversa? Consensuale? Informata? Se ci fosse più attenzione anche solo alle dimensioni dello speculum o ai feedback di fastidio o dolore che le pazienti possono esprimere?
Quando lo si usa tutti i giorni diventa routine, per il medico, infilarlo e concentrarsi su quello che vede, ma per una paziente quella è tutt’altro che routine. Per non parlare del fatto che bisognerebbe chiedere sempre il consenso alla paziente prima di infilare uno speculum o attuare qualsiasi altra pratica - altrimenti è violenza ostetrica/ginecologica.
C’è da dire che anche i medici non vengono molto aggiornati in tema ad esempio di linee guida, consenso, approccio al paziente o sulle dimensioni dello speculum da usare durante un esame ginecologico. Se si trova un* medic* attent*, consapevole e aggiornat* queste problematiche possono non avvenire, ma non è sempre così.
Giusto per fornire due informazioni in più. È importante sapere che la misura dello speculum va scelta a seconda della vulva in questione: non c’è uno speculum che va bene per tuttə. Quelli piccoli (detti anche da vergini - perché sì, si può fare una visita ginecologica anche se non si hanno mai avuto rapporti penetrativi) misurano solitamente quanto un dito indice/medio. Uno speculum medio invece circa un dito e mezzo. Quello large, che si usa per lo più in situazioni specifiche o chirurgiche è grande più di due dita.
Ricordati sempre che se senti fastidio è tuo diritto chiedere che venga usato uno speculum più piccolo o farti spiegare come viene scelto.
Per inserire qualsiasi tipo di speculum va sempre usato un lubrificante - e ricordiamo che l’acqua non lubrifica. Anche questo è un tuo diritto.
Se ripensi alle tue visite ginecologiche, come si è svolta la procedura? Che rapporto si è instaurato con il/la medic*? Riflettiamoci insieme: se quindi il tanto odiato speculum fosse solo una parte, forse piccola, del problema? Se la questione più grande da innovare fosse invece l’intera esperienza/rapporto col medico?