Indipendentemente che si masturbi da sola o con un partner, il risultato non cambia. Il suo corpo scappa, si sottrae. Sente persino del fastidio. “Spero che non sia un mio difetto di fabbrica“, ha detto. Così, ho riflettuto sul rapporto tra le donne e l’orgasmo e su quanto sia cambiata la sua narrazione e la sua percezione nel corso del tempo.
Quando avevo suppergiù 20 anni, noi ragazze non avevamo le idee tanto chiare sull’orgasmo (d’altra parte, l’organo ufficiale preposto alla nostra formazione sessuale era stato Top Girl, oppure Cioè). La maggior parte di noi, non era neppure sicura di averne mai provato uno (non avevamo né il porno, né i sex toys e, tendenzialmente, praticavamo molto meno autoerotismo rispetto ai nostri colleghi uomini, per non dire che la maggior parte di noi non si masturbava affatto).
Ciò che sapevamo del nostro corpo e del nostro sesso era confuso, incerto: in teoria potevamo avere millemila orgasmi multipli, ma in pratica dovevamo aspettarci di non provarne manco mezzo, perché l’orgasmo femminile era un po’ come il mostro di Loch Ness, una leggenda.
Un fenomeno misterioso, inafferrabile, incomprensibile. Quando ci infrattavamo con i ragazzi, il Re dei preliminari era il fantomatico “ditalino”, ovverosia un accanito in&out nella nostra cavità vaginale, fatto con un dito (due, se eri particolarmente laida), invece che col pisello. Il cuore dell’esperienza, comunque, era vaginale, penetrativo.
Solo i professionisti avevano idea, per esempio, che esistesse la clitoride e che per farci godere fosse essenziale coinvolgerla di più. La maggior parte degli uomini, cercava il nostro piacere nello stantuffamento indefesso, senza nemmeno avventurarsi alla ricerca di nostri punti di piacere, di cui comunque ignorava l’esistenza. E la maggior parte di noi, si aspettava che gli uomini facessero prodigi con quell’andirivieni più o meno impacciato, più o meno frettoloso, più o meno brutale.
Quando poi finalmente ci decidevamo a copulare sul serio, eravamo perfettamente preparate all’idea di fingere l’orgasmo (pratica ampiamente sdoganata anche nelle commedie romantiche, alla Harry ti presento Sally).
Personalmente non ho mai finto un orgasmo e non ho mai capito perché le donne lo facciano, se non come forma di eccessiva premura nei confronti dei loro compagni, al fine di non urtarne la sensibilità virile.
D’altra parte siamo nati nel Novecento, secolo in cui Freud ha inventato una gerarchia degli orgasmi femminili, attribuendo maggior prestigio a quello vaginale e definendo acerbo e immaturo l’orgasmo clitorideo. Se vi state chiedendo a quale titolo Freud, che una vulva manco ce l’aveva, stabilisse tutte queste cose sulla sessualità femminile, non ho una risposta da darvi, se non che l’orgasmo vaginale, in quanto fallocentrico, risultava evidentemente più “pregiato”, agli occhi del padre della psicanalisi.
Fatto sta che la mia generazione è cresciuta completamente disincentivata all’orgasmo: lo provi raramente, se non lo provi la responsabilità è tua, faresti bene a simularlo, il punto G non esiste, l’eiaculazione femminile non esiste, la masturbazione è una cosa sporca, quella clitoridea è pure da bimbaminkia.
Fino alla mia generazione di donne, era del tutto frequente che le ragazze non si guardassero nemmeno laggiù, nelle parti basse. Va bene che adesso siamo arrivati all’estremo opposto, di inviare con disinvoltura autoscatti ginecologici a chicchessia, ma ai tempi ci avrebbe fatto certamente bene prendere più confidenza con la nostra coinquilina del basso ventre.
Sapete, quelle cose minime, il buongiorno e la buonasera. Oh, eccoti qui clitoride! Piacere vagina! Toh, le piccole e le grandi labbra! Che buffe che siete! Cara la mia vulva…Ecco la mia generazione è cresciuta in questo modo e ho spesso pensato, negli ultimi anni, che le donne più giovani sarebbero state più fortunate. Sarebbero cresciute in un mondo in cui la sessualità femminile, dopo Sex & The City e Girls, sarebbe stata molto più liberata.
Poi mi arriva la lettera di questa ragazza e mi torna in mente un articolo del New York Times letto qualche mese fa, sul rapporto tra adolescenti e sesso. Sembrerebbe che se noi siamo cresciute con l’idea di dover essere delle educande anorgasmiche, le nuove donne siano cresciute con l’idea di dover essere Cicciolina, Jessica Rizzo e Sasha Grey, tutte insieme.
Cose che per i nostri fidanzatini sarebbero state fantascienza pura, oggi sono diventate assolutamente banali. E, se da un lato trovo rincuorante che le ragazze più giovani il proprio orgasmo lo perseguano come un obiettivo, dall’altro mi viene il sospetto che abbiamo barattato un pacchetto di ansie, con un altro pacchetto di ansie. In pratica, è come se fossimo ancora lì, in una condizione di inadeguatezza e di giudizio. E l’unico problema, in tutto questo, è che non esiste condizione peggiore, per godere.
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L’unico vero segreto dell’orgasmo è che per provarlo bisogna essere libere. Non è tanto questione di dentro, di fuori, di clitoride, di vagina, di punto G, di fontane danzanti dalla vagina, eccetera. Quello è soggettivo…
ll punto è che per venire bisogna essere libere: libere dall’ansia di godere, libere dall’ansia di NON godere, libere dall’ansia di essere giudicate (troppo sante o troppo puttane, a seconda dei casi). Libere dall’ansia dei nostri difetti fisici; dall’ansia di avere due peli fuori posto; dall’ansia dei nostri odori.
Per venire, bisogna liberare la propria sessualità. Parlarne, praticarla e soprattutto sottrarla al giudizio morale e sociale che la opprime sempre, e da sempre, in forme anche molto diverse (comprese tra le mutande di castità del passato e la contemporanea urgenza di squirtare come le pazze, già a 13 anni).
Per venire, bisogna liberare il proprio corpo, provare simpatia nei suoi confronti, non vergognarsene, non colpevolizzarlo, sciogliere il conflitto carnale con noi stesse.
Per venire, bisogna liberarsi dall’ansia orgasmica e imparare a godere di sé, in tutti i sensi e con tutti i sensi…
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L’endometriosi è una patologia benigna che colpisce le donne in età fertile; avviene quando l’endometrio, la mucosa che riveste la superficie interna dell’utero (che varia in base agli ormonali) non viene espulsa naturalmente durante la mestruazione e si sviluppa al di fuori dell’utero, collocandosi nella zona addominale o in altre parti del corpo. Oggi manca una spiegazione scientifica che giustifichi le ragioni per cui solamente alcune donne vengano colpite da tale malattia.
L’incidenza dell’endometriosi è però in aumento: oggi una donna su dieci ne soffre, sono oltre 176 milioni. I sintomi (che potere trovare in parte qui) sono vari e colpiscono la persona sia sul versante fisico che su quello psicologico: in certi casi si verifica l’assenza di sintomi, per cui l’endometriosi viene diagnosticata per una pura coincidenza (ad esempio, quando la paziente subisce un intervento nella zona addominale legato ad altre cause). Ma nella maggior parte dei casi sono invece i fortissimi dolori che le donne hanno che portano alla diagnosi.
La malattia si presenta sotto forma di piccoli impianti endometriosici, detti noduli quando di grandezza maggiore, che possono arrivare anche avere la forma di cisti ovariche. Questi addensamenti si posizionano in giro per il corpo. Ad oggi purtroppo quello che si può fare per curare l’endometriosi non è una cura ma il controllo della malattia cercando di attenuare il dolore e gli altri sintomi, limitando i danni e bloccando l’avanzamento dell’endometriosi, nel tentativo di preservare o ristabilire la funzione riproduttiva della donna. Manca ancora una cura definitiva.
E’ chiaro che il dolore, cronico, tipico di questa malattia, che si manifesta spesso durante il rapporto condiziona la vita in generale, la sessualità e il desiderio, creando difficoltà a raggiungere l’orgasmo. La dispareunia (dolore durante il rapporto penetrativo) non colpisce tutte le donne che soffrono di endometriosi; la gravità e lo stato di avanzamento delle placche endometriosiche determina la severità della dispareunia.
Il dolore però, come da riflesso, attiva la contrazione della muscolatura pelvica (ipertono della muscolatura del pavimento pelvico), come una risposta involontaria a una situazione di stress (la stessa circostanza si verifica con i rami muscolari del plesso cervicale) che potrebbe peggiorare la situazione o amplificare il fastidio e il dolore pelvico durante e dopo il rapporto sessuale
Una donna che soffre di endometriosi in stato avanzato avrà quindi una vita sessuale più difficoltosa; essendo la sessualità parte integrante della vita di ognuno, di riflesso, si ha una diminuzione del benessere generale. Inoltre, la dispareunia e le lesioni vaginali endometriosiche hanno una certa influenza nelle disfunzioni sessuali.
Il livello di tolleranza del dolore è estremamente soggettivo, ma è chiaro che tale malattia infici la possibilità di vivere una sessualità piacevole dal momento che entra in gioco un fattore biologico, il quale genera una risposta emozionale che, di conseguenza, influenza la risposta sessuale. Per farvi capire meglio come funziona il meccanismo, ho modificato la descrizione di R. Basson sulla circolarità della risposta sessuale femminile sottolineando come il dolore influisca sulla risposta stessa.
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Come possiamo minimizzare il dolore con lo scopo di migliorare la qualità della vita e la risposta sessuale: l’interesse, il desiderio, l’eccitazione e l’orgasmo?
Gli studi dimostrano che il desiderio, la soddisfazione sessuale e i problemi pelvici durante i rapporti migliorino notevolmente sei mesi dopo aver effettuato un intervento in laparoscopia (DIE), a cui si associa una terapia postoperatoria abbinata ai contraccettivi orali. Tuttavia, non tutte le donne o i medici optano o per la chirurgia, per cui, in considerazione delle ripercussioni che dolore ha sul corpo – in primis essere un fattore di stress – suggerisco delle alternative palliative:
L’endometriosi è una malattia complessa. Molte donne soffrono in silenzio, soprattutto sul versante sessualità. Troppi medici ancora oggi ignorano il pesante impatto che l’endometriosi ha nella vita sessuale delle loro pazienti, che vengono quindi lasciate sole.
La chiave è condividere, parlare, abbattere i tabù. Parliamo di endometriosi e di sessualità!
]]>Per alcuni la monogamia è un concetto giusto e insostituibile, spesso, è intesa come l’unica via che può condurre a una relazione ad essere stabile e duratura. Tuttavia, se consideriamo la frequenza con cui oggi avvengono i tradimenti, bisogna chiedersi se si tratti effettivamente “dell’unica via”.
Alcune coppie desiderano una relazione monogama, ma questa, in realtà, si rivela non essere la scelta più adatta a loro e si trovano quindi costrette a dover rispettare dei dettami che non gli appartengono.
Se pensi che la monogamia sia la strada più giusta, ma non ti senti però a tuo agio nel percorrerla, potresti sviluppare dei sensi di colpa che, a lungo andare, ti porterebbero a credere di essere sbagliata/o quando, in realtà, la soluzione, sarebbe rivalutare i confini del concetto di monogamia.
La scelta di iniziare una relazione monogama è importante. Spesso ci si trova in una relazione monogama perchè “è lo standard”, perchè probabilmente non ci si è neanche mai posti la domanda riguardo un’alternativa. È fondamentale che siate tu e il tuo partner a definire i confini della vostra relazione, non la società, i tuoi amici o qualunque altra persona o istituzione.
La monogamia è un concetto diverso per ogni coppia. Qual è la “versione” più adatta a te? La pornografia può essere considerata un atto di infedeltà? Masturbarsi su fantasie che non includano il proprio partner è considerato tradimento? È sbagliato scambiarsi dei messaggi a sfondo sessuale, anche senza volersi incontrare di persona? È concesso flirtare?
Perché esistono tutti questi limiti? Sono forse dettati da un sistema di valori? Alcuni, per esempio, detestano la pornografia perché non rispecchia il loro credo religioso. Oppure, è ancora una volta la paura a parlare? Forse non vuoi che il tuo partner flirti perché potrebbe invaghirsi di quella persona? O, forse, non accetti i sex toy perché temi che il tuo partner possa preferirli al rapporto sessuale?
La monogamia ci fa sentire sicuri, ci fa percepire di avere un punto fisso, una base. Capita però che quando/se la libido viene meno, la relazione si concentri solo sull’amore e sul prendersi cura l’uno dell’altro. Secondo le coppie, questo capita quando il desiderio sessuale si affievolisce: alcuni partner si definiscono “migliori amici”, in altre coppie, uno dei due riveste il ruolo di genitore o di figlio/a. Generalmente, questo accade sia per gli eterosessuali, che per i gay e le lesbiche. L’amore in una relazione è importante, ma la sfera sessuale non dovrebbe passare in secondo piano.
Se vuoi che la monogamia funzioni, è opportuno essere chiari ed espliciti nello stabilirne i confini: “La monogamia è adatta alla nostra coppia? In che modo?”.
Un aspetto che mi sento di dirvi di considerare è l’omofobia interiorizzata che avviene quando le coppie gay prendono le distanze dai comportamenti “tipici gay” perché ritengono che le loro relazioni si concentrino esclusivamente sulla sfera sessuale e di conseguenza preferiscono seguire la strada della relazione “tradizionale” monogama.
Non esiste soltanto la scelta della monogamia o di una relazione aperta. Ci sono tante altre vie. Dan Savage ha coniato il termine monogamish, che significa essere monogami e non monogami allo stesso tempo. Ovviamente, è fondamentale il consenso di entrambi. Per alcuni, si tratta del modo più adatto per rafforzare la propria relazione e rendere meno rigidi i confini della monogamia.
Ecco alcune domande da porti quando pensi alla tua relazione ideale:
1 – Vorresti intrattenere rapporti sessuali con degli altri partner?
2 – Vorresti che il tuo partner fosse fedele?
3 – Che cosa ti spaventa di più della poligamia?
4 – Quali sono i benefici della monogamia?
5 – Quali sono i benefici della poligamia consensuale?
6 – Che cosa hai imparato – da quando eri bambino/a fino ad oggi – riguardo ai fondamenti della relazione “ideale”?
7 – Saresti disposto/a a mettere in discussione alcuni di questi insegnamenti? Oppure sei d’accordo con tutti?
8 – Vuoi essere monogamo/a perché non accetti che il tuo fidanzato/a vada a letto con qualcun’altra/o? Oppure sei tu a non volerlo fare?
9 – Quali sono i principi che ti impegni a seguire? Che cosa ti renderebbe felice?
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Le coppie che hanno consciamente scelto di essere monogame possono comunque permettersi di avere delle fantasie sessuali riguardo altri, le fantasie infatti hanno un ruolo importante nel rafforzare il rapporto. Nella comunità LGBTQ la monogamia è un modello di relazione valido, l’importante è capire quale sia la versione più adatta per sé. L’esclusività è un concetto complesso che necessita di essere affrontato con il proprio partner in qualsiasi tipologia di coppia.
Non esiste una tipologia di relazione giusta o sbagliata in assoluto, esiste quella giusta o sbagliata in base a chi compone la coppia o è nella relazione. La cosa che conta di più è essere consci delle proprie scelte. Le decisioni impulsive sono la prima causa di una relazione infelice.